Un treno per Hogwarts

Harry Potter | Un treno per Hogwarts

 

“E ora il terzo fratello si affrettava verso il tornello … eccolo, era quasi arrivato… e poi, d’un tratto, non c’era più.
Nessun altro doveva passare.
Harry si rivolse alla donna: «Mi scusi».”

J. K. Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale

 

Mi osservavo intorno molto attentamente e ascoltavo ogni singola parola e rumore, come fosse un luogo nuovo, anche se sapevo esattamente dove mi trovavo. Era un po’ diverso da come me l’ero sempre immaginato.
Avevo visto quel film centinaia di volte e letto i libri della saga, conoscevo i personaggi e quello che sarebbe accaduto poi, da dove venivano e dove sarebbero andati. Questo valeva per tutto e per tutti, tranne che per me stessa: chissà cosa stavo facendo un attimo prima di trovarmi al binario 9 e ¾… e perché mi trovavo lì? In realtà non me ne importava davvero un fico secco. Non avevo tempo per queste insulse domande: ero finita dentro al libro, non si sa come, ed ero felice!
Respiravo l’aria fredda del mattino ed ero completamente intenta a catturare odori colori e suoni di tutto quello che mi circondava. Ma la vera meraviglia mi aspettava dopo, dall’altra parte, nel mondo magico. Non riuscivo a capacitarmene: già era strano così, quello che mi stava succedendo, e ancora non avevo visto nessun incantesimo.
Il passaggio fu rapido e indolore, la barriera come inesistente. Quasi una delusione per chi come me se l’era immaginato come una specie di tuffo dal trampolino più alto, se non fosse stato per lo spettacolo davanti ai miei occhi: il cielo aperto, di un blu alto e limpido, era macchiato dal bianco candido delle nuvole a cui si mischiava, con il passare del tempo, quello perlato del fumo della locomotiva, e contornato dalla linea nitida di una cornice montuosa sconosciuta, dipinta di uno smeraldo quasi abbagliante nella luce tiepida del sole che si affacciava di tanto in tanto; la moltitudine di persone, per lo più ragazzi e ragazze, era vestita nello stile di una stessa moda buffa, con strani bauli e gabbie di animali di qualsiasi specie che emettevano i versi più disparati in unico grande concerto, insieme al vociare di madri, padri, nonni e bambini, e al tuono antico intenso e imponente della macchina a vapore… oh, eccomi, appena in tempo!
Mi trovavo nella carrozza di Harry e Ron. Tutto come da copione: i gemelli, il carrello dei dolci, le figurine dei grandi maghi, Neville alla ricerca del suo rospo, il topo Crosta, la vecchia bacchetta di Charlie, Hermione, Draco e compagnia bella.. Ma.. un momento: il carrello!!
Mi precipito nella direzione in cui l’avevo visto sparire e finché corro penso a come avrei potuto fare con la questione dei soldi: io non possiedo la moneta del regno della magia, non sono un mago, o forse sì? Di nuovo mi lascio trascinare in un vortice di stupide domande alle quali non ho nessuna intenzione di cercare di rispondere. Voglio solo raggiungere il carrello, ma non lo trovo da nessuna parte. Possibile? Ho percorso la locomotiva in lungo e in largo, avanti e indietro, sotto e sopra. Ho incrociato tutti, tranne la donna del carrello.
In un istante vengo assalita dalla verità: io sono il rospo, chissà se qualcuno mi offrirà mai una Tuttigusti+1.

 


3 thoughts on “Un treno per Hogwarts

  1. borisfranz Rispondi

    Sei un gran bel rospo, ma come si dice… Se hai letto “Sulle sponde del fiume piedra mi sono seduta e ho pianto” lo sai anche tu quei che si dice:
    “Nei racconti d’infanzia, le principesse baciano i rospi, e questi si trasformano in principi…”

  2. Elisabetta Rispondi

    Un racconto ironico, più leggero di altri che hai proposto, ma davvero piacevole. Cattura l’attenzione. Mi piace quando acceleri il ritmo evitando l’uso delle virgole in alcuni elenchi! Hai un bel talento, sai… Coltivalo!

    1. Alice Traforti Rispondi

      Ecco, mi hai fatta arrossire!
      Grazie delle belle parole Elisabetta, mi fanno davvero piacere e rappresentano per me un incoraggiamento non indifferente.
      Io cerco sempre di usare solo le virgole necessarie. In questo caso non credo proprio di aver pensato al ritmo. Mi sono affidata solo all’istinto e alla grammatica. Si tratta davvero del mio primo esercizio di scrittura!

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