Storia di una musa

Storia di una musa | "Vedo mostri" illustrazione di Giovanni Frasconi
Vedo mostri, 2015 – illustrazione di Giovanni Frasconi

in Lahar Magazine | sezione online del numero 24 – John Belushi

 

Nydia aveva preso tutto da sua madre: la bellezza, la discontinuità, l’ardore.
Non aveva mai capito se era stata lei a lasciare suo padre, o se invece se n’era andato lui.
In realtà poco importava chi aveva lasciato chi per primo. In quella casa tutti andavano e venivano senza curarsi gli uni degli altri: suo padre compariva periodicamente dopo lunghe assenze, vagav
a per casa qualche giorno biascicando parole incomprensibili e poi spariva di nuovo, così com’era riapparso; mentre sua madre cambiava lavoro, orari e compagni in continuazione.
Nessuno le lasciava indicazioni, nessuno scriveva la lista della spesa, nessuno riparava la lavastoviglie.

Nydia era cresciuta in questo modo, senza freni.

Di tanto in tanto, fin da quando era ancora molto piccola, la scoprivo seduta sulla veranda a osservarci fissa. Penso lo facesse per fingere di avere una vita normale, per capire che cosa fosse.

Aveva imparato ad ascoltarsi e seguire le proprie inclinazioni, chiedendosi semplicemente se l’occasione che le si presentava di volta in volta fosse di suo gradimento.
Così facendo, tutto le appariva esageratamente facile e leggero.
In questo aveva senz’altro preso dal padre.

All’età di 19 anni era già entrata in contatto con parecchie delle droghe in circolazione, aveva più di un compagno fisso, dormiva spesso fuori casa, lavorava occasionalmente come cubista o barista. Addirittura le era capitato di spogliarsi e di fare la modella.
Aveva preso il diploma grazie alla componente maschile dei professori e questo le consentiva di avere anche qualche lavoro un po’ più consueto, ma non per questo lei li accettava.

La sua era un’intelligenza diversa, fra quelle focalizzate su binari a sé stanti di cui nessuno vede l’origine o scorge la prossima direzione, spostata e imprevedibile.

Credo di essere stata l’unica persona di cui si sia mai fidata, forse perché un po’ la capivo, forse perché un po’ mi piaceva, forse perché un po’ le piacevo.
Ricordo quell’unico giorno in cui davvero non capii.
Che sciocco sono stato a credere che ce la potesse fare da sola!
Non è umana la solitudine, neppure nella vita più agiata, figuriamoci in un disastro qual era la sua.

Oh cara Nydia, perdonami per non aver visto la follia farsi strada nella tua mente.
Ora ve ne andate in giro a braccetto, e a me non resta che incrociare ogni giorno quello sguardo che non ti appartiene, schiavo e sconnesso, intriso di normalità.

Curiosità: la versione comparsa su Lahar Magazine on-line (trovate qui il link diretto all’articolo) presenta un proseguo. Ho infatti erroneamente inviato anche una pagina di appunti e la redazione ha pubblicato tutto. Devo dire che il risultato è davvero bizzarro!

 


2 thoughts on “Storia di una musa

  1. Simona Rispondi

    Mi è piaciuto molto anche con il seguito che…seppur bizzarro in qualche modo apparteneva al racconto.
    Ciao Alice!

    1. alicetraforti Rispondi

      Ciao Simona! Sono contenta che ti sia piaciuto!
      Pensa che il seguito è in realtà un inizio, l’idea di una storia che ho letteralmente abbandonato sul file, scritta un paio di giorni prima del racconto.
      Mi diverte molto questo fatto!

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