Oggi voglio parlarvi di una bella mostra in un bel luogo, al Museo MACA di Acri (CS).
Arte interattiva. Lo spettatore in gioco: dall’azione dell’occhio all’interazione robotica è il titolo della mostra che porta dritti dritti al grande salto del contemporaneo verso un ruolo sempre più partecipe e consapevole dello spettatore.
Se è vero che fin da Piero Della Francesca & company esistono regole costruttive per una composizione che tiene conto del coinvolgimento dell’occhio di chi guarda, è nel secolo scorso che questo processo viene inglobato nel concetto stesso di opera d’arte.
Tutto merito – o a causa – delle Avanguardie, dalla prima all’ultima.
(yes: mi riferisco a quando nel 1983 Lea Vergine scrisse dell’arte cinetica come “ultima avanguardia”)
Tutto ciò accade molto prima delle mostre interattive e immersive che spopolano oggi, prima del web e degli smartphone.
Si può intravvedere una prima scintilla di questo mutamento di ruolo del pubblico, da meramente passivo a sempre più attivo, proprio nelle serate futuriste che miravano a coinvolgere i partecipanti, per giungere infine a considerare lo spettatore parte integrante della triade del processo creativo artista-opera-fruitore negli anni ’60, epoca in cui le innovazioni tecnologiche erano proprio i primi pc e internet – non a caso.
È in questo mood che principi scientifici iniziano a traslare in campo artistico, instaurando un delicato equilibrio tra idea e tecnica, necessario a un fare arte che rispecchia un’idea futuribile del mondo basata sul vissuto e sui mezzi del contemporaneo.
Ma questo, forse, è un altro discorso.
Artista è colui che immagina uno dei tanti possibili domani, anticipando e tracciando il percorso per raggiungerlo.
Che cos’è l’arte interattiva
[…] come afferma Pier Luigi Capucci, l’Arte Interattiva fa riferimento a quelle opere che trovano significato nel poter, attraverso l’interazione, essere modificate morfo-strutturalmente.
L’Arte Interattiva presuppone quindi l’intenzionalità dell’artista di realizzare, anzi “programmare”, un’opera modificabile attraverso la partecipazione dello spettatore.Monica Bonollo – curatore della mostra
La mostra
Ora veniamo al percorso della mostra, con circa 50 opere dagli anni ’60 fino ai giorni nostri.
Si parte dalle prime esperienze Optical, che applicano all’arte le regole psicologiche e neurologiche alla base della percezione visiva, con l’introduzione del movimento reale e la programmazione del risultato estetico tramite un processo scientificamente costruito.
(di arte ottica, cinetica e programmata vi ho già parlato e non mi dilungo oltre!)
Si prosegue quindi tirando in ballo l’elettronica, estendendo il raggio d’azione ai sensi complementari alla vista, per esempio l’udito, e alle reazioni psico-fisiche di un corpo opportunamente stimolato all’interno di ambienti e atmosfere pilotate ad hoc, per un coinvolgimento sempre maggiore dell’individuo, bombardato su più fronti.
(E qui verrebbe spontaneo chiedersi quanto ci sia di meccanico e quanto di emotivo, o meglio quanta parte dell’emotivo sia determinata dal meccanico.)
Infine, con la robotica si supera la frontiera relazionale: è l’opera stessa a rispondere, a parlare, a godere di autonomia grazie ai propri sensori che reagiscono alla presenza dello spettatore. Un ribaltamento semantico.
Questo percorso sembra un gioco da ragazzi nel 2017, ma non era per nulla scontato nel secolo scorso.
Artisti in mostra
Ecco i nomi degli artisti esposti.
Anzichè un mero ordine alfabetico, cercherò di dare un senso di lettura per campo di azione.
Victor Vasarely + Dario Perez Flores
Vasarely è caposcuola per le ricerche optical a livello internazionale.
Anche Perez Flores, dopo anni di intensa sperimentazione tra sculture metalliche, motori e geometria, approda a un’illusorietà generata dall’introduzione del rilievo specchiante nella bidimensionalità della tela
Julio Le Parc + Joël Stein + Yvaral
Allievi di Vasarely (Yvaral è anche suo figlio) e cofondatori (insieme ad altri) del GRAV di Parigi, ovvero Groupe de Recherche d’Art Visuel, durato dal 1960 al 1968.
Oltre alle ricerche incentrate sulla percezione visiva, sul movimento e sulla luce che ciascun artista ha sviluppato e ampliato con declinazioni personali verso percorsi soggettivi, ai fini di questa mostra voglio ricordare l’esperienza delle journèe dans la rue*.
* In queste giornate venivano installate in aree pubbliche opere realizzate collettivamente dal gruppo, solitamente del tipo dei Labyrinthes, ma non solo.
Erano opere da attraversare, da manipolare, da vivere in prima persona, volte a coinvolgere un pubblico non sempre di appassionati, ma anche (oserei dire soprattutto) alla gente che si incontrava in strada.
Così passanti occasionali diventavano improvvisamente attori e fautori di un’arte esperenziale che non avrebbe prodotto alcun senso senza il loro intervento, diretto e non filtrato da critica, opinioni, indicazioni, didattica.
Alberto Biasi + Ennio Chiggio + Manfredo Massironi
Se in Francia spopolava il GRAV, in Italia gli studi di psicologia della visione, attraverso la sperimentazione di gruppo di diversi materiali elevati a media artistico, trovavano sfogo con il Gruppo N* a Padova, vissuto tra vicende alterne dal 1959 al 1967.
* Anche in questo caso penso alle esposizioni anti-accademiche a porte chiuse o alla celebre, effimera e demistificatoria “mostra del pane”.
Gruppo MID + Antonio Barrese
Ci spostiamo a Milano, patria del design e dell’innovazione tecnologica, dove un gruppo di giovani si presenta particolarmente sensibile alla tecnologia come mezzo di espressione e alla programmazione come sistema di ricerca artistica.
Del Gruppo MID fa parte anche Barrese, che alterna diverse vicende artistiche per concentrarsi, a partire dal 2000, sull’energia come medium e su installazioni ambientali di arte pubblica.
Davide Boriani + Paolo Scirpa
Sempre a Milano, Boriani del Gruppo T (dove T sta per Tempo: la quarta dimensione) e Scirpa, scultore di luce per eccellenza, si dedicano anche all’elaborazione di ambienti a diverso coinvolgimento dello spettatore.
Eros Bonamini
Concettuale raffinatissimo, gioca sulla rappresentazione e distorsione dell’identità dello spettatore attraverso le lettere scritte sulle sue superfici specchianti e il riflesso di chi le legge.
Peter Vogel
Maestro indiscusso dell’arte elettronica e delle sculture sonore che si attivano al passaggio dello spettatore, modulando risposte direttamente proporzionate all’attenzione dedicata dal visitatore, misurata in tempo di permanenza, luce/ombra e voce/rumore, mixati agli stessi stimoli ambientali.
Ale Guzzetti
Arte elettronica e sonora, robotica e “autonoma”, ma non solo.
Lo conoscete già vero?
Se non ricordate di quando ve ne ho parlato, questa è un’ottima occasione per rileggere dell’immaginario robotico di Ale Guzzetti.
Brian Eno
Musicista-non-musicista contemporaneo di fama mondiale, si muove nel campo della percezione sensoriale creando atmosfere d’ambiente in cui impercettibili varianti di luce, colore e suoni, abilmente orchestrate da schermi sculture e costruzioni visive, concorrono a generare l’impressione di un annullamento temporale in favore di un unico fluire.
Fausto Balbo
Classe 1970, si occupa di sound art tra sculture meccaniche e infrasuoni, rievocando memorie funzionali celate allo sguardo solitario e attento di chi si immerge nelle sue micro-atmosfere.
Spero di avervi dato stimoli sufficienti per visitare la mostra: avete tempo fino al 29 ottobre 2017!
Di sicuro io ho movimentato le mie connessioni e messo in moto forse troppi spunti su cui ragionare ancora, con la penna dalla mia!