Nik Spatari: dall’infinito creativo dell’arte all’infinito sogno del MuSaBa

immagini e testo di Teodolinda Coltellaro


È una mattina calda e luminosa.

Il mio sguardo percorre, irretito, gli aspri e affascinanti paesaggi della Locride che si aprono tra le valli del Torbido, a inseguire e cogliere le prime tracce visive del cammino creativo dell’artista Nik Spatari in questo che è il suo territorio.

Infine giunge, fissando e analizzando ogni dettaglio, in quello che è il suo “tempio artistico”: il MuSaBa (Museo Santa Barbara), a sud est di Mammola (RC).

 

 

L’arrivo

L’arrivo nel suo eremo è introdotto dagli enormi piloni cilindrici del viadotto stradale che corre in parte sopra il letto del torrente.
Essi, prima dei miei occhi, hanno violentato un angolo incontaminato di natura, anche se distese di colori e vivide tessiture figurali, realizzate da Nik e da giovani artisti in residenza, si stanno gradualmente sovrapponendo al grigio spento del cemento, smorzandone brutture e forme assurdamente invadenti.

Così ha inizio la mia esplorazione in cui gli occhi, appendici estremamente sensibili, sono canali privilegiati per giungere all’essenza linguistica delle creazioni di Nik.

Mi introduco in una dimensione paesaggistica naturale in cui dominano l’arte e la bellezza e in cui si snoda il racconto dell’incredibile sogno cui hanno dato forma e concretezza d’esistenza Nik Spatari e la sua indomita compagna, l’olandese Hiske Maas che ne sostiene i passi, anche quelli più arrischianti, e ne motiva il libero fare creativo.

(Qui puoi leggere la storia di Spatari e Maas: Fondatori del MuSaBa)

 

La Foresteria

La Foresteria si offre alla visione nella forza cromatica dell’arte musiva che ne riveste, con coinvolgenti racconti per immagini, le pareti: opera in progress, come tutto il resto del Parco Museo Laboratorio che si estende per sette ettari (è il più grande museo a cielo aperto d’Italia).

Sui muri dell’originale struttura architettonica in cui predominano le forme triangolari, scorrono e si intersecano storie sospese nell’abbacinante lucore delle tessere policrome di ceramica.

Inseguo la rilettura dello Stendardo di Ur, scene di pace e di guerra accese di colori che, nell’interpretazione di Spatari, insieme ad altri frammenti narrativi attinti nella Bibbia così come nella storia e nel mito, esaltano il paesaggio, la luce e l’essenza culturale mediterranea a lui tanto cara.

Io ho viaggiato attraverso i continenti, ma ho un legame profondo con il Mediterraneo.

Appartengo al Mediterraneo fortemente.

cit. Nik Spatari

 

 

Il Parco

Dopo la Foresteria, mi abbandono in una continua sinestesia visiva alla scoperta delle opere site-specific disseminate nel Parco (realizzate da Nik e da altri artisti internazionali) per incamminarmi di seguito lungo la strada pietrosa che si inerpica sui fianchi scoscesi dell’antico acrocoro.

Tra un tripudio di fichi d’india, giungo davanti all’emblema stesso del Parco, l’opera Concetto universale: una geometria colorata di pilastri piastrellati e rastremati verso l’alto che, simbolicamente, si innervano e si slanciano a punta verso il cielo.

 

La Chiesa

Tra il celeste degli ulivi, sospinta da una carezzevole brezza, mi avvio sul sentiero che conduce verso la chiesa di Santa Barbara: un antico complesso monastico medievale sottratto alla rovina e all’abbandono e di cui Nik ha ricostruito, pietra dopo pietra, e riportato a nuova vita la cappella.

Hiske mi accoglie con la sua gioiosa vitalità.

Entro insieme a lei nella luce abbagliante di vetrate policrome e mi sovrasta di colpo, imponente, l’opera più celebrata di Nik e nota come La Cappella Sistina di Spatari.

Alzo lo sguardo dalla parete dell’abside verso il “cielo” della volta, più e più volte a scoprire il maestoso racconto pittorico Il sogno di Giacobbe in cui Nik è Giacobbe e Giacobbe è Nik nella dilatazione ammaliante della narrazione.

Giacobbe è simile a me.

Per sognare, vagare negli spazi dell’imprevedibile, alla ricerca del sé e del mondo che ci circonda; l’amore, la lotta, il domani, l’infinito, l’immaginario.

cit. Nik Spatari

 

Un sogno, quello di Giacobbe, lungo 240 metri, dedicato a Campanella e a Michelangelo, in cui egli sperimenta una tecnica innovativa: le figure vengono dipinte su tavole di multistrato, ritagliate per essere poi applicate sullo sfondo: altrettante sagome lievi e volanti, bassorilievi aerei che comunicano armonia formale e sottili vibrazioni emozionali che dagli occhi arrivano alle profondità dell’anima.

 

La Rosa dei venti

Dopo l’intensa esperienza visiva dell’ex chiesa di Santa Barbara, mi dirigo verso l’altra ala annessa al museo, La Rosa dei venti: struttura architettonica ancora incompleta, in cui si articola un ulteriore percorso museale che ricapitola la storia artistica di Nik.

In essa si dispiegano i diversi periodi evolutivi del suo linguaggio che dal passato conducono all’oggi, alla vita vissuta e al suo felice intreccio con l’arte, alla sua esistenza quotidiana che si completa negli spazi abitativi al piano di sopra.

al MuSaBa di Nik Spatari a Mammola (RC)
La Rosa dei venti

 

Identità del territorio

E mentre salgo le scale per salutare Nik, il pensiero si sperde già a rivivere il percorso conoscitivo esperito, a rivedere le sue opere, a ripensare l’avventura utopica di questo straordinario uomo e artista in un territorio, spesso ostile, che frappone ostacoli ai progetti culturali (come quello del MuSaBa) piuttosto che offrire forme di sostegno realizzativo.

Nik è tra quegli artisti che, sfuggiti agli imperialismi dell’attuale sistema globalizzato, ha continuato a coltivare la propria ricerca linguistica nell’alveo culturale d’appartenenza, vissuto come luogo identitario, come contesto concettuale ed operativo in cui prende corpo l’opera, ma mai come limite, mai come chiusura asfittica nei confini del localismo.

D’altronde, egli ha lasciato in età giovanile le geografie periferiche del suo paese spinto da impellenti bisogni conoscitivi, dal desiderio di aprirsi ad orizzonti culturali e artistici più ampi e stimolanti e, dopo aver attraversato il mondo e l’Europa e aver vissuto da artista affermato prima a Parigi e poi a Losanna, è ritornato nell’amata Calabria per immergersi nell’infinito sogno del MuSaBa.

 

Una ricerca senza confini

Qui tra memoria e innovazione, tra modelli linguistici del passato e assoluta libertà espressiva, si è sviluppato il suo percorso artistico.
La sua ricerca affonda nelle densità figurali del passato, nella mitologia, nelle estensioni storiche dell’arte, di cui evoca modelli culturali e motivi linguistici che coniuga in una originale sintassi creativa.

La sua sensibilità pienamente contemporanea, senza confini linguistici, è in grado di esprimersi in modi e forme che sollecitano lo sguardo a percorsi interpretativi più profondi che non si esauriscano nel “qui ed ora”, né sono riducibili ad un unico viaggio di visione, per quanto intenso.

 


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